Eravamo

Poco più che bambini, non si pensava a nulla se non a giocare.
Nel gruppo sembravo il più sveglio, ero anche il più permaloso e a volte un po’ incline a fare la vittima. Sapevo tuttavia inventare giochi, stimolare la fantasia spingermi nella ricerca di novità.
La campagna era il nostro luogo sicuro, quella più vicino a casa e via via quella più lontana, nel caso di grandi spedizioni.
Il terreno del mio amico si spingeva fino all’incrocio di due o tre grossi fossati, sempre pieni d’acqua, stagnante ma profonda, questo si vedeva, un po’ giallastra d’estate, sicuramente ghiacciata d’inverno. Qui, tuttavia, non si andava mai a slittare per paura che il ghiaccio si rompesse help to lose weight.
Quel posto mi metteva paura, sentivo la lontananza da casa, non era sicuro, e per di più non c’erano alberi né vigne per giocare. In primavera di certo non ci si spingeva fino a lì per vedere le prime fioriture. Lo percepivo come un posto nel quale avanzare con timore, con circospezione, tutti noi ragazzi avevamo questo sentimento. Nessuno staccava gli occhi da quell’acqua, come se temessimo un qualche risucchio. Ma nei giorni in cui si decideva l’avventura, solo se c’era il sole, si arrivava anche laggiù. Non era mai una soddisfazione era solo una sfida vinta.
Lo ricordo bene quel postaccio, per quanto sole ci fosse non lasciava serenità ma solo la gloria della sfida vinta. Ci si andava per far valere qualcosa che ancora non ho incontrato.

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