Andavo a scuola

Quando andavo a scuola non avevo pensieri.

Mi interessava molto giocare con gli amici del vicinato, 
facevo di tutto per non essere braccato da mia madre, 
raramente dalla nonna . 
Non ho ricordi di compiti, di fatiche alle elementari. 
Forse alla scuola Media le cose cambiarono: 
dovevo andare in bicicletta, si partiva in gruppo. 
In inverno faceva freddo. 
Avevo paura di scivolare sulla leggera patina che lasciava 
la brina notturna: 
ricordo dove sono caduto, una volta, capitava.

Ho frequentato una scuola media veramente messa male, il primo anno: pavimenti in legno, banchi in legno, senza riscaldamento, 
ma quello non ce l'avevo neppure a casa. 
A partire dall'inverno del secondo anno 
siamo stati trasferiti in un edificio nuovo, 
mi pareva grande, lo è anche ora. 
Lo rivedo spesso, ci sono ancora studenti di Scuola Media.

Ma nella nuova sede era tutto "moderno", luminoso, enorme.

Lì ho conosciuto la mia amica di una vita, 
il giorno degli esami di terza.

Ricordo perfettamente le immagini 
che ho fermato nella memoria 
e quelle che in tanti anni 
mi sono state evocate, 
con piacere, 
ogni volta che eravamo assieme.

Scuole

La prima e parte della seconda ero in un edificio storico, napoleonico. Il resto l'ho terminato nell'attuale sede.
Anche il Liceo l'ho fatto lì.
Ma non mi ricordo così studioso, né particolarmente bravo.
Alle medie é intervenuto un generale, conoscente di papà, in mia difesa, per non farmi maltrattare.
Diceva di essere andato a parlare con la professoressa, non ho mai saputo cosa possa essere capitato.
Non ero bravissimo, non studiavo, vivevo di rendita o copiavo i compiti che si dovevano fare a casa. Soprattutto quelli di latino.
Il latino l'ho studiato già alle scuole medie, io ho fatto la scuola non riformata, quella non ancora obbligatoria per tutti.
Avevo una grammatica di latino straordinaria, così mi pareva: pochissime parole essenziali per conoscere le regole. Il resto era un insieme di esercizi talvolta difficili. Io copiavo dalle mie amiche le versioni. Loro sapevano tradurre.
Avevo, al liceo,manche qualche buon vocabolario che, tuttavia, non riuscì mai a farmi migliorare rispetto ad una mediocre sufficienza altalenante.
Era un dizionario nero, come il suo contenuto, il Georges: un mito di benessere oltre che di conoscenze. Sicuro acquisto dei nonni.

Il male

Da piccolo non capivo, come tutti i bambini, il male. Eppure c'era, ed era motivo di sicuro dibattito tra i grandi.
Terribile, per chiunque, ammalarsi di poliomielite. Nel migliore dei casi si restava zoppi. Ma c'era ancora la tubercolosi.  Quella ti poteva anche portare al cimitero. Io ero positivo.  Ho fatto un sacco di cure. La mamma mi portava al "dispensario" nome derivato dal fatto che si distribuivano medicine... Ricordo che mi facevano i "raggi", mi spogliavano e, scheletrico, dovevo abbracciare un nacchunario freddo. Si perdeva mezza giornata lí dentro, so che c'erano molte altre persone, molti bambini di cui non ricirdo alcun volto. Era tutto vecchiotto lí dentro, tutto sul verde pastello, lo stesso di tanti reparti ancora oggi. Non ricordo nulla che non fosse il nascosto pianto della mamma.

Da piccolo non capivo come di potesse essere pazienti. 
Già allora volevo solo correre, verso ciò che non conoscevo. 
Inutili corse allorché ho capito che non si finisce mai di imparare.