Tramonto

Bellissimo

<img class="aligncenter size-full wp-image-435" src="http://www.lemieparole.com/wp-content/uploads/2016/10/IMG_0401.jpg" alt="Tramonto" width="1536" height="2048" srcset="http://www.lemieparole.com/wp-content/uploads/2016/10/IMG_0401.jpg 1536w, http://www.lemieparole.com/wp-content/uploads/2016/10/IMG_0401-225×300.jpg 225w, http://www official site.lemieparole.com/wp-content/uploads/2016/10/IMG_0401-768×1024.jpg 768w” sizes=”(max-width: 1536px) 100vw, 1536px” />

Eravamo

Poco più che bambini, non si pensava a nulla se non a giocare.
Nel gruppo sembravo il più sveglio, ero anche il più permaloso e a volte un po’ incline a fare la vittima. Sapevo tuttavia inventare giochi, stimolare la fantasia spingermi nella ricerca di novità.
La campagna era il nostro luogo sicuro, quella più vicino a casa e via via quella più lontana, nel caso di grandi spedizioni.
Il terreno del mio amico si spingeva fino all’incrocio di due o tre grossi fossati, sempre pieni d’acqua, stagnante ma profonda, questo si vedeva, un po’ giallastra d’estate, sicuramente ghiacciata d’inverno. Qui, tuttavia, non si andava mai a slittare per paura che il ghiaccio si rompesse help to lose weight.
Quel posto mi metteva paura, sentivo la lontananza da casa, non era sicuro, e per di più non c’erano alberi né vigne per giocare. In primavera di certo non ci si spingeva fino a lì per vedere le prime fioriture. Lo percepivo come un posto nel quale avanzare con timore, con circospezione, tutti noi ragazzi avevamo questo sentimento. Nessuno staccava gli occhi da quell’acqua, come se temessimo un qualche risucchio. Ma nei giorni in cui si decideva l’avventura, solo se c’era il sole, si arrivava anche laggiù. Non era mai una soddisfazione era solo una sfida vinta.
Lo ricordo bene quel postaccio, per quanto sole ci fosse non lasciava serenità ma solo la gloria della sfida vinta. Ci si andava per far valere qualcosa che ancora non ho incontrato.

Mettere assieme gli anni

É pesante, faticoso ricostruire il passato. Dopo mille tentativi ciò che resta è un elenco in cui ci sono troppe omissioni.

1950 nasco e sopravvivo.

1955 mi pare di ricordare la paura dei carro armati e del sangue. Inizio a muovermi nel mondo, ad amare i nonni, a percepire poco la mamma ed il papà.

1956 inizia la scuola elementare e mi costruisco i ricordi di cui ho già parlato altrove, nasce in classe quinta un primo affetto per una ragazza brava, della mia classe.

1961 vado a scuola altrove, la vecchia scuola media, con il latino. Arranco ma ce la faccio.

1964 esami di terza media, mi resta Renata. Parto per il liceo, mi bocceranno: non sapevo niente ed ero già molto politicamente schierato.

1969 mi innamoro, è bella e mi fa i disegni: odiavo tenere in mano una matita. Mi aiuta con la sua bravura, il fratello quando capisce che sta crescendo l’amore ci costringe ad interrompere. Non lo ricordo ma ancora oggi mi sembra fosse una persona detestabile. Con lei sono stato bene, con lei ho scoperto delle fisicità che poco immaginavo. Con lei mi caricavo di sensualità ma tutto è finito a causa di un infame bacchettone.

Edmondo de Amicis

"Edmondo De Amicis", questo era il nome della mia scuola elementare. Era sistemata in un vecchio palazzo del paese. Aveva aule immense, altissime. I pavimenti erano in legno. In ogni locale c'era una stufa a legna per l'inverno.
Quei pavimenti, li ricordo grigio chiaro, certo non tirati a lucido, erano un paradiso per le penne con i pennini che possedevo, uniche penne che avevamo per scrivere. L'inchiostro era nei calamai sistemati in alloggi rotondi scavati nei banchi, sui ripiani del banco, in alto a destra.
Nemmeno a pensarci ad essere mancini: non ne ho mai conosciuti.
Le penne si lasciavano semplicemente cadere, verticalmente, e si conficcavano nel pavimento, certo, i fortunati avevano anche degli splendidi pennini "campanile" dorati, adattissimi a questi giochi.
Ricordo, solo vagamente, due aule: una sul lato destro, al pian terreno, l'altra, cui si accedeva direttamente da fuori, sul lato sinistro. 
Non ho altri particolari. 
Non ricordo nulla delle scuole elementari... 
I bagni erano delle enormi turche nelle quali temevo di cadere. Erano comunque migliori di quel gabinetto fatiscente che avevamo a casa.
Non ricordo facesse freddo, non ricordo giochi, non ricordo amici, tutto é sparito molto velocemente.
Credo siano stati anni tristi, privi di entusiasmi. Conoscevo ed amavo la geografa mnemonica che a quell'epoca si insegnava. Conoscevo tutte le città, di tutte le regioni. Più tardi ho iniziato a "collezionare", con la memoria, le targhe automobilistiche di quei nomi studiati con tanta passione.
Non ho mai smesso di far caso alle targhe delle auto.
Negli anni novanta si é passati dalle sigle delle province, con i numeri, alle combinazioni che ancor oggi, 2016, vediamo in ogni targa.
Milano fu la prima città a dover sostituire alcune cifre con una lettera dell'alfabeto.
La targa MI A00000 significava, nella mia testa, che Milano era una grande città ... Ci arrivò anche Padova.

Le scuole medie le ho fatte in modo tale da non aver ricordi.

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La maestra

La mia maestra mi ha insegnato a scrivere correttamente in italiano. Senza di lei non avrei mai imparato ad usare correttamente né il verbo avere né il verbo essere. Talvolta la mia maestra era particolarmente severa. Ricordo un episodio, forse ero in classe terza: avevo sbagliato a scrivere un tempo del verbo essere. Forse il presente indicativo, la terza persona l'avevo scritta senza l'accento.
Si avvicinò, e arrabbiata in volto, mi mollò uno schiaffone potentissimo.
Da quel giorno, non ho più sbagliato il verbo essere.
Non ricordo affatto quale fosse il suo nome. 
Era comunque una persona magrissima quasi scavata, rossa di capelli, priva di qualsiasi trucco che non fosse un filo di rossetto sulle labbra.
Era la moglie di un commercialista, contabile, della zona. 
Lo stesso "sapiente" che consultava mio padre quando aveva delle difficoltà economiche, era uno che conosceva i misteri delle tasse e addirittura era più "in gamba" di quel solito ragioniere di paese che teneva la contabilità dell'impresa.
Ho sempre visto queste persone come coloro che "sapevano" tutto sui soldi e mio padre era costretto ad affidarsi a loro.
Povero papà.